14 Luglio Oranje verdeoro: diario dell’estate dei mondiali ad Amsterdam
Ho sempre pensato che quello che fa la differenza di un artista e’ proprio il fatto che nessuna ricerca, opera, installazione, quadro puo’ provocarlo, semai incuriosirlo, semai condurlo per mano in qualche altra “terra di nessuno” (… e’ forse questo che si pensa quando si è convinti che gli artisti si immolano sull’ altare delle droghe e delle sostenze psicotrope? Ripeto: Picasso negava con fermezza..ma picasso e’ Picasso).
Stamattina sono venuta ad un appuntamento abbastanza consueto per me ogni volta che mi trovo ad Amsterdam: la visita alla galleria fotografica Foam. Uno spazio molto bello, luminoso, prezioso, ricco e contemporaneamente funzionale. Certo: in uno dei bellissimi palazzi del Keizersgracht, uno degli anelli con canale più signorili del ” gomito d’oro”, il quartiere dei palazzi di lusso che appartenevano ai grandi mercanti: magnifici edifici dalle facciate fastose con grandi finestre, decori raffinati, persiane di colori squillanti o nere come la torba, marmi, stucchi, maioliche, e anche oro,,a dire, come un biglietto da visita, di cosa si occupassero quei mercanti che certo non avevano difficoltà a reperire materie che nelle fiandre erano introvabili.
Ecco la galleria fotografica si trova in uno di questi palazzi, ma per il resto nulla che voglia apparire elittario o solo per addetti o modaiolo o quelle solite mistificazioni tipiche degli ambienti che hanno esaurito le idee..e che alla fine mettono le mostre fra un piano con un negozio di vestiti e uno con un bar che serve aperitivi con musica lounge….Sebbene anche qui ci sia un ristorante delizioso!
Venirci ogni anno consente di fare una fotografia (quasi tautologico) del cambiamento dei costumi, dei gusti. La qualità della sezione di mostre “permanenti” è sempre altissima: quest’ anno riproposta una di Larry Clark che con scatti intimi fa un ritratto degli anni 70 in quel traghettarsi dalla psichedelia della beat generation alla sordidità della tossicodipendenza e della pornografia da strada dei grandi centri urbani: ” a devastating portrait o fan american tragedy”, osservando da Tulsa, Oklahoma ..scatti di una bellezza e lirismo da togliere il fiato. Ma per quanto riguarda la sezione a tema che cambia stagionalmente, quello che ho notato questa ultima volta nelle esposizioni temporanee è di quanto la fotografia abbia ceduto al manierismo …. Anche quando non fotografa la moda, e lì al contrario si traveste con ricerche di materie, colori ed effetti un pò forzati e al punto quasi da perdere il senso della foto di un abito e andare verso a qualsiasi altra rappresentazione purché sia provocatoria, e non basta citare Newton o Mapperthope per rendersi conto di quanto si sia arresa al compiacimento, all’ effetto, alla scarsa voglia di raccontare il vero osservandolo con attenzione amorevole e spietata..
Non necessariamente bisogna essere reporter per sentirsi incaricati di questo scopo.. semplicemente bisogna scegliere di trovare il proprio senso e collocarlo dentro al mondo che cambia..fotografare il proprio punto di vista, la propria emozione…e poi essere capaci di tenere quel punto convinti che in quel punto ci sia qualche emozione che vale la pena di denunciare, cederela generosamente all’ osservatore , lasciarla andare… Ho visto anche ricerche a me familiari, che avevo intrapreso, io e alcuni di noi quando eravamo studenti, ed eccole riproposte dopo quasi 30 anni come se fossero quanto di più nuovo e stupefacente.. E oggi lo è!!
Probabilmente 30 anni fa quelli che artisti non erano, cui spettava muovere un giudizio, un interesse o un incoraggiamento nemmeno si sforzarono di capire come mai e da dove scaturissero quelle osservazioni e cosa volessero dire e perché; oggi si replicano addomesticate e ridotte a immagini ricche di estetica per una pagina di Vogue; dalla ricerca poetca all’ estetica per un servizio di abiti o acconciature.
Non voglio assolutamente fare la vittima incompresa..so benissimo cosa stessi facendo io e i miei compagni di strada allora..e quasi sono contenta che finalmente qualcuno, seppure inconsapevolmente, senza sapere che noi già lì eravamo, oggi li ripropone.. avevamo corso troppo avanti?
La beffa sta tutta nel contesto.. ! Vederli per un servizio di moda dalla carta lussuosa e patinata, senza sbrodolature, strappi, pieghe della carta.. ma sontuosamente incorniciate e illuminate ..era questo che mancava per essere accettabili allora? O Di certo non volevamo fare un servizio che mostrasse abiti e pettinature ..noi volevamo raccontare attraverso un mezzo tanto economico e popolare come la fotografia qualcosa che invece non poteva essere affatto prosaico.. le emozioni, le storie, la storia, il tempo..il racconto nel tempo e infine il racconto dell’uomo. Ben altra cosa questa resa della fotografia attuale, questo impigrirsi dentro alle quattro pareti di di interni, di luoghi ricostruiti..
proprio la fotografia che avrebbe in potenza tutte le possibilità di andare oltre..raccontare i sussulti, le lacrime prima che escono dagli occhi, i sorrisi strozzati, la complessità e la banalità che scorre in una frazione di secondo..tutta e tutta insieme, tutto questo certa fotografia sembra aver smesso di voler raccontare …
Forse sono io che trovo poco sorprendenti questi lavori così ben fatti O forse trovo poco sorprendente che alla luce della immensa sfida intellettuale che il mondo lancia, Il fotografo ( ripeto: non alludo ai reporter che questo mestiere lo fanno, ma è altro ancora) invece inventa se stesso in un narcisismo quasi imbarazzante..
Perché è stato pagato questo prezzo? Certo i pittori fiamminghi del ‘600 hanno saputo fare di meglio anche attraverso ritratti meticolosi, panneggi, gioielli, cappelli o nel dipingere
interni, o scorci di città in cui conviveva miseria e lusso o paesaggi in cui si fondeva povertà e stenti in una natura lussureggiante… Niente di drammatico, solo spirito del tempo.
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